Era il 23 dicembre 2011 quando, dopo una riunione di lavoro, guardando il cellulare, ci trovai 2-3 telefonate di EnzoB. Altre volte vedendo il numero dell’ente ero trasalita e poi si era trattato di aggiornare dei documenti, per cui quella volta cercai di rimanere calma. Richiamai, e Simona dall’altra parte mi chiese dove fossi, se Andrea fosse con me. “No, risposi, sono a lavoro”, e, dall’altra parte “ Pensavo foste a fare lo shopping natalizio. Ci sono delle novità per voi, abbiamo due bimbetti per voi, a dire il vero non sono proprio piccini piccini. Sono due, un maschietto Y. di 4 anni, e una femminuccia M., di 7”. Le mille combinazioni che m’ero immaginata, uno, due, tre, gemelli, maschietti, femminucce, lasciavano spazio a una sola, M. e Y.. Devo aver balbettato qualcosa del tipo “Devo dirlo ad Andrea”. “Va bene?” mi è stato chiesto, “Sì, va bene. Devo dirlo ad Andrea”. Il tempo s’era fermato. Chiamai Andrea. Ovviamente ne fu entusiasta e mi riempì di domande: ora che dobbiamo fare? Chiamo io Simona? Ora che succede? Io balbettavo qualcosa, Simona aveva detto che ci avrebbe mandato la foto…Avevamo scelto la strada dell’adozione internazionale nel 2008 e da allora m’ero nutrita delle storie altrui, avevo letto romanzi, saggi, statistiche, pro e contro di ogni età di ogni paese, di ogni possibile vissuto. Tutte quelle storie mi avevano accompagnato e tenuto compagnia ed ora che scrivo questi appunti, cullata dal respiro dei miei bambini che dormono nella stanza accanto, mi sento e sono una privilegiata. Anche dopo l’abbinamento non ho smesso di studiare: patologie più frequenti, Etiopia: la storia, la cultura, la lingua. Dopo 9 lunghi mesi, un’altra attesissima telefonata, anche questa volta sono al lavoro, mi annuncia che il 6 agosto era stata fissata l’udienza per la sentenza di adozione in Etiopia. Ora tutto stava diventando reale, finalmente avremmo abbracciato i bambini che sarebbero diventati i nostri figli. Un misto di incredulità e gioia e agitazione e apprensione. Il 1° agosto saremmo partiti alla volta dell’Etiopia. Volo via Roma, scalo a Dubai e poi partenza per Addis Abeba. L’Africa ci è stata annunciata dai colori smorti e dimessi del terminal per Addis Abeba, in contrasto con i colori sgargianti e i cartelloni a tutta altezza delle altre aree. Ad aspettarci un’auto del Lion’s hotel. Solo dopo avrei compreso quanto il grigio e il marrone di Addis Abeba nella stagione delle piogge, fossero in contrasto con il chiassoso e fiero spirito etiope. Nel giro di un paio d’ore eravamo davanti al cancello del Kid’s Kare e mi sembrava che la mia mente avesse preso le distanze da ciò che stava succedendo per paura di non riuscire a sopportarne l’impatto. Eravamo in un cortile e da una porta di fronte a noi comparvero due bimbetti per mano, M. si avvicinò a me, Y. ad Andrea. Erano bellissimi, con un sorriso dipinto sul volto che non dimenticherò mai. Di M. colsi subito il temperamento risoluto, forte, lo sguardo curioso e prudente. Y. era buffo, sorridente giocherellone e tanto dolce. Avevamo portato loro una bambola dai capelli lunghi (che poi avrei scoperto essere una delle Winx che allora mi erano sconosciute) e un’automobilina, e poi colori e libri da colorare per trascorrere insieme qualche ora. Noi non conoscevamo una parola di amarico e loro non una d’italiano, ma quelle ore trascorrevano veloci tra un disegno, un calcio ad un pallone e qualche colpo di pallavolo. Furono giorni preziosi, quando non eravamo con i bambini, andavamo in giro a visitare i monumenti e i musei di Addis Abeba. Fu in uno dei musei che dovemmo affrontare il tono con quale una guida, credendoci spagnoli, ironizzava sulla sconfitta degli italiani ad opera della resistenza etiope … e devo dire che fu nulla in confronto allo sguardo di M. quando, molto tempo dopo, ci fece notare, con la forza che la contraddistingue, come gli Italiani si fossero comportati male con gli Etiopi e ne fossero poi stati sconfitti. Dopo la sentenza rientrammo in Italia, con tante foto da sfogliare, e dopo un mese i documenti furono pronti per tornare in Etiopia a prendere i bambini. Questa volta, leggendo la posta, vi trovai a sorpresa i biglietti per la partenza in due (due gg dopo) e il ritorno in quattro. EnzoB, dato lo scarso preavviso, per non correre il rischio di non trovare i voli, aveva chiamato l’agenzia viaggi prima di noi. Questo volo fu diverso, c’erano con noi due altre famiglie. E’ stato molto utile e piacevole poter dividere con loro quei momenti di grande felicità e disorientamento. Poche parole in amarico, che ancora conservo gelosamente, per noi, e poche parole in italiano per M.e Y., erano il nostro codice di comunicazione. E poi, gesti e sguardi e giochi… L’arrivo in Italia, fu proprio come lo avevo sempre immaginato, noi con i nostri bambini accolti dalle nostre famiglie e dai nostri amici. M. e Y., per nulla spaventati, guardavano un po’ sorpresi tutto quel vociare ed abbracciarsi. Da allora, da quel viaggio in macchina Brindisi-Galatina, con i bambini seduti sui sedili posteriori, la nostra vita ha cambiato ritmi e riferimenti. Laddove prima distinguevamo gli anni in base ai viaggi, poi li abbiamo visti scanditi dall’età dei nostri bimbi. Vivendo intensamente il presente abbiamo costruito i nostri ricordi di famiglia. Nulla era scontato, quei piccoli, non ci conoscevano, non sapevano cosa facessimo nella vita (Ricordo la faccia stupita di M. quando le dissi che sapevo guidare l’auto!!!), cosa ci piacesse, che genere di persone fossimo e noi non sapevamo nulla di loro. A questo punto, mi concederete la prima considerazione, che a qualcuno potrà sembrare scontata ma non lo è stata per me. Quei bambini che avevo tanto atteso e desiderato, che ho sentito da subito, più o meno consapevolmente, miei figli, avevano bisogno di tempo per riconoscerci come loro genitori. D’altra parte perché sarebbe dovuto essere diversamente! Ero disposta a dar loro tutta me stessa e anche di più, ma non ero pronta ad essere rifiutata. E M. non era disposta a concedermi illusioni. Dotata di grande perspicacia e di una buona dose di autostima, non intendeva rinunciare alla propria innata propensione al controllo. La sua propensione al controllo unita ad una straordinaria capacità di adattamento (ben allenata), non mi hanno lasciato scelta, ho dovuto lavorare sulle mie insicurezze (qualche volta nascondendole, qualche volta superandole) ho dovuto conquistare il mio ruolo giorno dopo giorno. Ho dovuto imparare a farmi rispettare, a suon di prove e tranelli da superare. Ben inteso, il confronto dialettico con M. non si è mai interrotto, forse è passato dall’affermazione di se stessa alla rivendicazione della propria autonomia, e probabilmente, considerando la scarsa attitudine di noi donne alla ‘complicità’, continueremo a dircele di santa ragione, pur riconoscendoci eccezionale stima reciproca. Con Y. il percorso è stato meno accidentato dal punto di vista affettivo, ma più complesso dal punto di vista dell’inserimento. Grande sensibilità e senso critico ne fanno un attento osservatore, ahimè esposto alle sferzate della dura realtà. Pian piano ha fatto in modo che la famiglia diventasse il suo guscio e, in seno alla famiglia, il suo temperamento solare ed affettuoso è iniziato ad emergere, prima che altrove. Mi ha “insegnato a fare le coccole”, come dice lui, mi ha imposto o richiesto, un ‘contatto fisico’ che non credevo fosse nella mia natura e certamente non era nella mia esperienza. Il tutto condito col colorito puntiglio Etiope che ne fa una delle persone più dispettose che conosca (a pari merito con mio marito). Se dovessi racchiudere l’esperienza dell’adozione in una parola sarebbe “OPPORTUNITA’”: opportunità per me di essere madre, opportunità di misurarmi con un’esperienza di vita molto diversa dalla mia; opportunità per i bambini di vivere se stessi, le proprie propensioni, i propri bisogni, nel contesto migliore possibile. I numeri di questi tre anni insieme sono presto detti:

–          M. è cresciuta di 27 cm e il suo peso è aumentato altrettanto;

–          Y. ha conquistato 18 cm e molti meno kg;

–          M. in tre anni ha percorso l’intero ciclo della scuola primaria, ed ora è in prima media;

–          Y. si è giocato il bonus dei tre anni in uno nella scuola dell’infanzia, ed ora ha iniziato la terza elementare;

–          Io e Andrea abbiamo raccontato oltre 1000 fiabe della buonanotte, di cui più della metà inventate…

–          M. e Y., da quando sono con noi, hanno imparato ad andare in bicicletta, sui pattini, sul monopattino e sullo skateboard, a nuotare e, persino, a sciare;

–          hanno provato calcio, scherma, pallavolo, basket, rugby, M. ha fatto ginnastica ritmica per due anni ed ora vorrebbe fare Tennis (grazie agli ultimi successi delle italiane in questo sport);

–          ci siamo sfidati in tutte le discipline possibili, dal calcio balilla alla corsa veloce, dal tempo che ci mettiamo sparecchiare la tavola a quello che impieghiamo a fare la doccia (capelli di M. esclusi!!!)

–          Hanno tanti amici e intrattengono rapporti positivi con loro, amano viaggiare e stare all’aria aperta, sono curiosi ed appassionati.

Insomma sono straordinari, parola di mamma Daniela e papà Andrea.

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